But the cat came back..

..it just couldn't stay away.

Un po' come i pensieri: non se ne vanno mai.

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domenica 8 maggio 2011

Res Publica o Res Mea? 15/03/2011

Ma questa Res Publica..
..non vi sembra piuttosto “Res Mea”?


Occupazioni. Scioperi. Petizioni che per l’esasperazione vanno a disturbare Numa Pompilio nella tomba per ottenere la sua firma.  Fermi tutti, ma dove stiamo andando a finire?
All’alba del 150° d’Italia, sul banco dei politici si è ben piazzata una proposta per la Federalizzazione di quello stato di cui stiamo proprio per celebrare l’unità! Ora, tralasciando questo “piccolo” esempio (richiederebbe certo più di un articolo..), passiamo piuttosto al quadro più ampio in cui si inserisce, ovvero un fenomeno che caratterizza Italiani tanto quanto i politici – che, d’altra parte, saran pur Italiani anche loro! – da parecchi decenni a questa parte: la Res Mea.
Da bravi latinisti qual siamo (sì, anche col 4 in latino), abbiamo già capito che la Res Mea è l’opposto della tanto celebrata Res Publica, ovvero un generale disinteressamento per tutti i presupposti che dovrebbero essere alla base di uno stato, in favore dell’unico interesse personale.
Eh sì, perché per spiegarci quello che ci sta succedendo, sarà bene che ci guardiamo un po’ nelle nostre tasche, e non solo in quelle dei politici – che tuttavia sono eccezionale esempio della ‘malattia’ Italiana -. Il trucchetto del capro espiatorio fa fatica a funzionare, ora come ora.
Da tempo immemorabile, lo spirito Italiano si fonda sul basilare principio del ‘finchè c’è vita c’è speranza’,  per cui fino a che tutti campiamo in un qualche modo, le cose possono fare il loro corso. Eh sì, noi Italiani ce l’abbiamo sempre avuto questo ottimismo, ci siamo risollevati da guerre e batoste con mille espedienti; tutto il diritto, dunque, di pensare che anche questa volta ce la faremo benissimo.
Ma, ecco, mi piacerebbe avanzare un suggerimento: perché piuttosto stavolta non cerchiamo di prevenirlo il guaio, cominciando da ora a smettere di vivacchiare e piuttosto inserire noi stessi nell’ottica di cittadini attivi che hanno ben chiaro il loro diritto e dovere di darsi da fare per mandare avanti l’Italia? E questo vuol dire anche andare a fondo nella scelta dei nostri rappresentanti ed informarsi sul loro conto, invece che affidarsi a vaghe promesse e qualche chiacchiera demagogica al momento di mettere un ‘tic’ sulla schedina.
Il corriere della sera cita una ricerca effettuata dallo Iulm di Milano e dall' associazione italiana di sociologia, condotta dal professor Marino Livolsi prima e dopo il voto delle Europee del ' 99: «Solo il 10 per cento degli italiani dimostra interesse per la politica». Eh, ma se i politici ce li scegliamo così, che diritto abbiamo poi di lamentarci se non fanno quello che piace a noi, ma piuttosto quello che piace a loro? Seguiamo piuttosto l’esempio di quel 10% - che è già fonte di speranza! - e prendiamoci le nostre responsabilità.
Qualcuno disse: “L’uomo non vive di solo pane”. E com’è che noi Italiani di oggi ci stiamo accontentando di avere il pane in tasca, un po’ di soldi per il canone Rai e siamo tutti contenti? Ma ai programmi ridicoli e alle pubblicità che si prendono gioco di quell’organo sempre meno importante oggidì – sì, sì, è proprio il cervello – noi non ci ribelliamo mai? Chi si lamenta che ci riempano il cervello costantemente (perchè sì, ogni tanto ci sta) con cavolate (!) invece che programmi che coinvolgano i giovani e il loro vero futuro, non tronisti e grandi fratelli? No, le gnole al bar con il nonno non valgono come risposta. Basta lamentarsi ed essere tutto fumo e niente arrosto, se anche voi siete stanchi di essere additati come ‘pizza, pasta, mafia’ diamoci un po’ una smossa. E badate che partecipare in modo attivo non significa scatenarsi con la violenza, che non porta proprio a niente. Significa connettersi con il resto dell’Italia e interessarsi di cosa, in quanto cittadini, siamo capaci di fare.

Ecco, ora vi starete tutti chiedendo: “E come?”. Bravissimi! Tutto parte da questa domanda. E la risposta è… - rullo di tamburiinformarsi! Ma sì, perdetecelo un po’ di tempo dietro ai giornali che arrivano a scuola, o se proprio il pomeriggio facebook è d’obbligo, fate un giro su qualche sito online. Più facile di così! Uomo informato, mezzo salvato, o no?
Secondo passo, crederci, crederci che prima o poi questi politici le radici le toglieranno dal trono e che magari ci sarà anche una chance per noi per arrivare lassù a cambiare le cose.
Terzo, se proprio di aspirazioni politiche non ne abbiamo, cominciamo a interessarci su chi vogliamo far diventare nostri rappresentanti. Non è che se uno ha una bella faccia, allora diventa il candidato migliore. Chi c’è sotto in verità?

Bon, questo è quanto. Ricapitolando, prendiamoci le nostre colpe e responsabilità, basta vivacchiare in modo passivo e additare politici e mafiosi come responsabili di tutto.
L’Italia la fanno soprattutto gli Italiani e non possiamo permettere di essere rappresentati da qualcuno che non sentiamo parte di noi. Si sta bene quando si sta bene tutti insieme per cui impegnamoci a fare in modo che questo avvenga, senza pensare solo al nostro piccolo mondo. L’Italia è di tutti e solo insieme, attivamente e non solo a parole, possiamo farla funzionare.


ps: Articolo da me scritto e pubblicato sul giornale scolastico "Polifemo"

martedì 1 febbraio 2011

I was happier then with no mind set..

Scrivo questo post sulle note degli Shins - New Slang.
Gran bella canzone.


Mi piacerebbe uscire, ma ormai sono le sette e mezzo di sera ed è tutto buio. Già. Perchè è inverno in Italia. Mi manca un po' quella sensazione di libertà che c'è d'estate: prendi e vai, come ti senti, a qualsiasi ora, mollando tutto quello che stai facendo, senaz dover temere nè il freddo nè l'ombra.
Sì, bello.

Suppongo che la Terra abbia bisogno dell'inverno per riposarsi un po'. Insomma, gli animali vanno in letargo, il pianeta invece si gode un po' di anticipato riposo (e risveglio postposto!) così d'estate è bello carico.
Sarebbe bello capire allora perchè è tanto difficile per gli uomini rilassarsi in inverno, invece. Tutti a correre, a fremere, nessuno che si ferma un attimo a passeggiare.
O sulla riva di un fiume, lontano dal suono delle macchine, giusto lì a sonnecchiare o leggere un po', come ieri a Verona. Musica d'acqua, tutto qui.

Ma noi corriamo, ci sballottiamo, non ci riposiamo mica come animali e pianeta, no no.
Dobbiamo sempre fare gli alternativi.

mercoledì 19 maggio 2010

Ebbene.

Chi fa della satira, spara a zero contro tutto ciò che è autorità tanto per far vedere che è un vero rivoluzionario, chi fa il politicante e poi le sue prime fonti sono proprio quei giornali di politica che tanto dice di otiare, beh.. io credo che queste siano persone che in realtà non hanno nulla da dire, ma pensano che a dire le cose in un certo modo faccia figo.
Quindi tanto vale far finta di avere delle idee che non sono tue solo perchè in questo momento fa figo avere quel tipo di idee.

Ma vaffanculo, montati del cazzo.

lunedì 26 aprile 2010

Recensioni & co.

Inizio a pensare che chi recensisce film non sappia più apprezzare un film semplice e un po' non convenzionale, senza troppa azione. Soprattutto quando si tratta di biografie: la vita non è sempre così mutevole, ballerina e piena di novità. Ci sono anche i periodi morti, quelli noiosi, quelli fatti da sospiri.


Che stiano cercando troppo?
Insomma, perchè mai un film lento in tempi moderni debba essere giudicato decisamente peggio di un film lento di 50 anni fa?
Almeno metteteli sullo stesso piano, no?


Questo bisogno di immagini veloci e scene mozzafiato mi stanno facendo venire il mal di testa.

lunedì 12 aprile 2010

Un minuto di attenzione per l'informazione.

Scusate, ma ora bisogna fare un appunto riguardo le notizie che circolano in questi giorni.

Non riesco a credere che perfino la qualità, la quantità e soprattutto il contenuto di telegiornali, newspapers & co. sia regolato da un meccanismo sin troppo simile a quello delle sfilate.
Eh sì, MODA.
Vi rendete conto? No, non è una frase fatta, è un interrogativo serio che tutti dovremmo porci.
Ora, per esempio, vanno di moda i preti pedofili.

Con questo articolo non intendo nè difendere e tantomeno accusare nessuno (se non la stampa, s'intende), ma sono del parere che su questo argomento si stia speculando un po' troppo senza criterio.
Io sono per una condanna oggettiva di chi commette il reato.
Posso capire lo scandalo che tale atto da parte di un religioso possa - e debba - procurare, ma il repentino passaggio dall'indignazione allo stereotipaggio (se è un neologismo perdonatemi), no, quello non lo giustifico proprio.
Com'è che da un mesetto a questa parte, tutti i preti di colpo sono diventati pedofili?
Insomma, ci vorrebbe un attimo di giudizio non influenzato dal ruolo che un religioso svolge.
Ci siamo forse dimenticati che sono umani e per di più di sesso maschile?
La pedofilia, oltretutto, è una malattia che può benissimo essere già insita in un individuo prima della ordinazione ecclesiastica.
A mio avviso, preti, non preti, politici, babbuini, sono pedofili uguali a tutti gli altri.
E come tali devono essere trattati.

E' come se un italiano uccidesse suo padre, e agli occhi del mondo di colpo tutti gli italiani diventasse patricidi.
Dico, vi piacerebbe?
E' un po' l'errore che ha fatto la chiesa con gli ebrei, che li incolpava tutti indiscriminatamente di deicidio, quando gli unici a portarne la colpa erano quei quattro farisei.


Bene, ora ditemi, ma non vi sembra mai che le informazioni che vi giungono siano decisamente strumentalizzate e manovrate?
Questa è la provocazione del giorno, tenetela a mente.
Bah.
In questo mondo di consumatori anche l'informazione è diventata una consumazione che per essere svenduta al pubblico deve essere piccante, sconvolgente e magari pure un po' falsicchia, come un passaparola tra le donne di un vicinato, che aggiungono pian piano dei dettagli piccanti e fantasticosi alla vicenda, cosicchè all'ultimo che arriva è decisamente diversa dal principio.
Com'è che diceva Cristicchi?
Ah, sì.
"La verità è come il vetro che è trasparente se non è appannato e per nascondere quello che c’è dietro basta aprire bocca e dargli fiato."

venerdì 12 marzo 2010

Regressione o rinnovamento?

Beeeene, domani ho l'esame del cambridge, FCE.
Quiiindi cercherò di scollegare il cervello, non pensarci e.. scrivere!

Oggi riflettevo. (ma t'oh!)
Leggendo scritti antichi, o anche semplicemente qualcosa di qualche decennio fa, ho notato un modo di scrivere completamente diverso.
Più ricercato, serio e formale. Ho visto che c'è ancora qualcuno con questa "impostazione" (vedi: mio padre).
E invece, ultimamente, noto sempre di più testi fuori dalle righe, ripetizioni volute, punteggiatura omessa o sfasata, congiunzioni abusate. Ma è tutto nella norma. Insomma, è un vero e proprio modo di scrivere, e devo dire che a me piace e ne faccio largo uso. Credo che sia capace di avvicinare la mia scrittura alla realtà.
Ma appunto per questo, non sarà forse un riflesso dell'attualità? La necessità del nostro scritto di regredire per rientrare nella nostra consuetudine?
Questa potrebbe essere una ipotesi.
Un'altra - più moralista devo dire - sarebbe quella di addebitare il mutamento ai social network, instant messaging e chi più ne ha più ne metta: ci stiamo abituando sempre più ad utilizzare lo scritto per esprimerci come faremmo a parole, perchè sms, msn, cmmff (ok, questo è inventato, ma non ho saputo resistere (-:) sono diventati i nostri nuovi mezzi di comunicazione.
Quante volte abbiamo avuto la tentazione di, piuttosto che parlare direttamente in faccia con una persona, scriverle un messaggino, un'email?
"Abusando" dello scritto in questa maniera - anche se forse dovremmo dire che abbiamo inventato un nuovo uso dello scrivere - si perde l'eclusiva formalità che gli era propria.
Pensateci, i blog che noi leggiamo ci sembrano quasi che possano parlare. Ecco, alcuni articoli, recensioni, forse no. Sono due modi diversi di utilizzare la scrittura. Hanno in effetti anche scopi diversi, l'uno attirare il lettore, l'altro dare informazioni.. ma comunque, ho notato la difficoltà - più delle generazioni a me vicine che delle precedenti - di scindere i due stili scrittorei e di tornare al formale.
Dipende molto anche dall'educazione scolastica, eh, dal gusto dell'insegnante di italiano (esempio, alle elementari avevo una che adorava lo stile aulico, alle medie una che lo odiava, al ginnasio una indifferente e al liceo una che sembrava uscita da un dizionario di italiano e più parole variegate utilizzavi, meglio era) eccetera. Ma questa è un'altra storia.

Siamo davanti alla morte della scrittura?
O all'inizio di una nuova fase, una nuova nascita?


Mentre vi lascio a cogitare, mi vado a fare 'na bella tazza di latte.